top of page

CAPITOLO 12

La giornata più brutta della mia vita. Non c'è un altro modo per definirla. A che è servito scoprire che la morte di mio padre è stata una farsa, quando ho perso mia madre davanti ai miei occhi? Di fronte a tutto questo, aver dovuto bussare alla porta della donna più bella che io abbia mai visto, non dovrebbe essere un granché.
Invece lo è.

Perché c'è stato qualcosa fra lei ed Emanuele o Quod, Demetrio o chiunque altro sia stato. 

Si fa chiamare Calipso, come la dea greca. E se lo fosse davvero? Abbiamo parlato a lungo questo pomeriggio e si è fatta raccontare tutto di me. Io, invece, non so ancora niente di lei. È come se riuscisse a tessere una tela irresistibile. E ti trovi lì, ad aprirti come se non avessi voluto fare altro nella vita.

Mi ha detto che sono sua ospite, mi ha offerto cibo da perderci la testa e mi ha persino invitato a passeggiare nel suo giardino. Eppure, percepisco una distanza siderale fra noi. Come se mi reputasse solo un trastullo, un'oziosa novità nella sua vita.

Mi aggiro da sola fra palme e oleandri. In lontananza il suono del mare accarezza la spiaggia. La sera è appena scesa e il giorno è sfumato in un lieve chiarore che ancora accarezza l'orizzonte marino. La sera di ottobre che si appresta a scendere è tiepida e calma, come spesso accade da queste parti.

Ripenso alle parole in greco che ha pronunciato Emanuele prima di entrare: il libro quinto dell'Odissea. Forse riesco a ricordare di cosa parlava. Basta non pensarci troppo, in teoria.

E d'un tratto mi torna in mente tutta la storia: Calipso avrebbe voluto trattenere Odisseo sull'isola di Ogigia, ma lui desiderava rivedere la sua patria, Itaca e sua moglie Penelope. Alla fine è stata costretta dagli dei a farlo ripartire.

Ma è solo un mito, non è realtà. Anche se, a questo punto, credo di non riuscire più a distinguere cosa sia vero e cosa non lo è. Sospiro e mi guardo intorno, mi chiedo dove sia Emanuele. La risposta arriva nello stesso momento in cui formulo quel pensiero. Sento la sua voce a poca distanza da me e cammino in quella direzione.

Non è solo. Appena mi accorgo di Calipso, mi nascondo dietro una palma. Lui è di spalle, lei, invece, è nella linea del mio sguardo. Mi sembra che i nostri occhi si incontrino, ma è solo un attimo e non ne sono certa. Stanno parlando in greco antico, quindi non capisco una parola. In teoria.

Sgombro la mente e attingo al mio inconscio, a tutte le traduzioni, alle lezioni in classe, allo studio disperato per non chiudere l'anno con un'insufficienza. Posso farlo, devo solo esserne consapevole. Non so quali siano i miei limiti, giusto?

Ecco, ecco. Ci sono.

La pronuncia è diversa da quella che ci insegnano a scuola, ma ora colgo gran parte del significato. Il mio cuore aumenta i battiti, ci sono riuscita davvero. Incredibile.

«Tu sai che cos'hai fatto e non vedo pentimento in te, demone» gli sta dicendo Calipso.

I suoi occhi brillano di risentimento, ma sono splendidi come le stelle che iniziano ad adornare il cielo.

Emanuele allarga le braccia. «Dovevi lasciarlo andare, in un modo o nell'altro.» 

«Così ti difendi? Io lo amavo, ma tu questo non puoi capirlo» sibila lei, in risposta. «Sei un essere condannato al vuoto, tutto in te è tradimento e illusione.»

So quanto queste parole possano ferirlo, ma di fronte a lei non mostra emozioni.

«Forse è come dici, ma Lilia è una nativa, come te. Non ti chiedo niente, se non di aiutarla.»

Calipso accenna una risata gelida. «E cosa avrò in cambio?»

«Che cosa vuoi?»

Lei abbassa le ciglia e le sue labbra si increspano in un sorriso crudele. Stavolta sono certa che sappia di me. Il suo sguardo mi attraversa come un vento gelido e non riesco a muovere un muscolo.

«Un addio, quello che mi hai negato» risponde, riportando l'attenzione su di lui.

Emanuele scuote la testa. «Io non sono Odisseo, lo sai.»

«Ma hai finto bene, mentre lui se ne andava. Puoi farlo di nuovo.»

«Non ti servirà a niente.»

«Non sta a te giudicare. Fallo e ti prometto che la aiuterò.»

Mi sembra che lui esiti, ma poi muta in un uomo di cui riesco a intravedere solo il profilo. Ha una barba curata che evidenzia la mascella volitiva. Il naso dritto e pronunciato, parte subito dalla base della bella fronte ampia. È un po' più basso della statura con cui lo conosco e ha qualche filo grigio nella folta capigliatura scura. Le ampie spalle e il portamento di un re, però, lo rendono attraente al punto che non riesco a distogliere lo sguardo.

Calipso schiude le labbra, rapita da quella presenza. 

«Così reale...» sussurra, appoggiandogli una mano sul volto. 

Trattengo il fiato, mentre gli sfiora le labbra con le dita. E quando lo bacia, mi sento mancare il terreno sotto i piedi. È un contatto lungo e appassionato, riesco a sentire i loro sospiri con la stessa dolorosa intensità con cui io vado in pezzi.

Emetto un singhiozzo strozzato e lui si volta di scatto. Allontana da sé Calipso, che scoppia a ridere.

«Ora siamo pari, demone.»

Sono le ultime parole che sento, prima di fuggire verso la spiaggia. Corro finché i polmoni non si spaccano. Non riesco più a sostenermi sulle gambe e cado in ginocchio, sulla sabbia ancora tiepida. Le onde lunghe che lambiscono la riva, mi trascinano con loro nel mare di lacrime che, dopo tanto tempo, torna a bagnare i miei occhi.

Perché piango? Non è nessuno per me, né io per lui. Ha ragione Calipso, non è nient'altro che illusione. Una che io stessa ho contribuito a costruire.

Ma allora, per chi piango?

Forse perché pensavo che ci fosse qualcosa per me, in tutto questo dolore che mi è precipitato addosso. Una luce, nelle ombre che hanno inghiottito la mia vita. 

Non è così, nemmeno questo merito. Le cose belle arrivano solo per distruggerti quando ti vengono portate via. Per nessun altro motivo.

«Lilia, ti prego.»

La sua presenza alle mie spalle ha il sapore del veleno amaro che risale dal mio stomaco.

Mi nascondo il volto fra le mani. «Vattene via, chiunque tu sia. Vattene.»

Invece, avanza verso di me.

«Non significa niente, devi ascoltarmi.»

Ho il fuoco negli occhi, quando sollevo lo sguardo verso di lui.

«Pensi che non lo sappia? Che non significa niente per te?» sibilo, con la voce spezzata. «Solo un'altra parte da recitare. Ma io non me ne faccio niente delle tue cazzo di maschere!»

Piega le ginocchia e mi sfiora il braccio. «Perdonami, farò qualsiasi cosa per...»

«Non devi toccarmi!» Lo spingo così forte da farlo cadere di schiena nella sabbia.

Il mio petto si alza e poi sprofonda di nuovo. Vorrei ucciderlo. Vorrei strapparlo via da me, dimenticarlo, annientarlo, renderlo niente. E lo faccio davvero.

Mi avvento su di lui, conficcandomi le unghie nei palmi con la stessa forza con cui voglio prenderlo a pugni. Ma mi afferra i polsi e tutto quello che posso fare è gridargli in faccia tutta la mia sofferenza. 

«Ti odio, sei uno schifoso bastardo!»

Mi trascina contro di sé e mi prende il viso fra le mani, inchiodando i miei occhi nei suoi. Così vicino che sento il calore del suo respiro sulle mie labbra tremanti.

«Io ti amo, Lilia. Ti amo.»

Quanto vorrei che fosse vero, ma non lo è. Non lo è. Lo urlerei, ma la rabbia mi soffoca, la delusione mi prosciuga le forze e tutto quello che resta è il disperato bisogno di averlo.

È un bacio salato quello in cui mi perdo. Inondato di lacrime e intriso di desiderio. La sua lingua sulla mia, le mie mani sotto la sua maglia, la necessità che ho di sentire il contatto con la sua pelle. È reale? Mi importa davvero?

No. Tutto quello che voglio è che sia mio, che lo sia al punto che non ne resti più per nessuno. E che tutte le stelle guardino, che l'intero Universo sappia.

«Solo mio» gemo, al suo orecchio.

La sua voce è un sussurro bollente contro la mia guancia. «Sì.»

Mi sfila la maglia e il suo tocco sui miei seni mi inonda di un piacere sconosciuto. Una marea che non può essere trattenuta. Mi sbottono i jeans, lasciando che la sua mano si immerga nella profondità del mio desiderio. Che sia sua la mia prima volta, che sia sua anche l'ultima e tutte le altre. Dovrei essere insicura, temere questo momento. Invece, tutto quello che provo è un'attrazione a cui non so e non voglio resistere.

«Voglio tutto di te» ansimo, un attimo prima che le sue dita fra le mie gambe mi tolgano ogni possibilità di restare in me. 

Mi sfilo i pantaloni e, quando torno su di lui, mi prende i fianchi e mi guida sulla propria eccitazione. Il dolore dura un attimo ed è così dolce che mi struggo nel mugolio che sospiro sulle sue labbra.

«Io ti appartengo, Lilia»  mi sussurra, con un tono basso e un po' ruvido.

Il velo lucido nei suoi occhi, la sua voce che vibra contro il mio petto mi fanno impazzire.

«Ti sento. Oh, dio.»

Ogni movimento è come la scarica di un fulmine. Chiunque sia, chiunque sia io, non significa più niente. Siamo una sola cosa. Persi l'uno nell'altra. Indistinguibili.

«Tutto.» Il mio godimento trascina con sé quella parola, dilatandola in un mugolio tremante.

«Tutto» ripete, affondando dentro di me.

Una, due, tre volte ancora. Fino a che l'apice della nostra passione non lascia spazio ad altro. L'orgasmo è così violento da strapparmi un grido, soffocato contro il suo collo. Il mio corpo vibra, scosso da fremiti che mi tolgono il fiato. E lui si inarca, il suo addome teso sotto di me in un ultimo spasmo di piacere.

Restiamo così, a respirare il profumo delle nostre pelli umide. Cullati dal suono ritmico dei nostri respiri accelerati. Finché lui solleva il mento e infila le dita nei miei capelli, abbracciandomi come se non mi volesse più lasciare andare.

«Esisti solo tu. Lilia.»

Appoggio la tempia sulla sua spalla. «Sai che non potrò dimenticarlo, vero?»

«Non dovrai. In nessun caso, qualunque cosa accada.»

A malincuore,  mi lascio scivolare accanto a lui. «Ma non approfittarne.»

Accenna un sorriso. «Sarà più probabile il contrario.»

«Non sono io che me ne vado in giro a baciare splendide dee.»

Riportare quella scena alla mia mente mi fa avvampare e devo fare una profonda espirazione, per allontanare da me il risentimento.

«Non avrei dovuto cedere al ricatto di Calipso. Non riaccadrà. Te lo giuro.»

Gli passo le dita fra i capelli. «Ma se non l'avessi fatto non saremmo qui, ora. Per stavolta, sei perdonato.»

Mi bacia sulla fronte e sospira. «Mi sono sentito morire al pensiero di averti persa.»

«Da quanto?» gli domando.

«Cosa?» Abbassa il mento, nel tentativo di guardarmi in faccia.

«Mi ami. Da quanto?»

«Non so... Un anno, credo.»

Mi sollevo su un gomito per trovare i suoi occhi. «Davvero? Credevo di essere trasparente per te.»

«Così doveva essere.»

«Mio padre lo sa?»

«No.» Emanuele sposta lo sguardo verso il mare, calmo e ormai del tutto immerso nella fievole luce della luna. Cerco di decifrare la sua espressione, ma non mi riesce. 

«Immagino non fosse nei suoi piani» azzardo. «E nemmeno nei tuoi.»

Scuote la testa. «Non so più quali fossero, né quali siano oggi i suoi piani.»

Sospiro, cercando di togliermi la sabbia di dosso.

«Mi hai mai parlato a mia insaputa? Tipo, trasformandoti in Elisa?»

«Sono stato tentato» ammette, con una punta di divertimento. «Ma non l'ho fatto. Se escludiamo quando ti ho suggerito il codice dell'armadietto.»

«Già… la ragazza alla fermata.» A ripensarci, ora ci vedo qualcosa di lui, forse lo sguardo o il modo in cui mi ha sorriso. «Con te potrei avere due prime volte, in effetti.»

Mi scocca un sorrisetto divertito e si solleva. «Oronza, ammetto di avere avuto dubbi che fosse la prima, poco fa.»

Smetto di prendermela con i granelli di sabbia che non vogliono saperne di lasciare la mia pelle e spingo la mia spalla contro la sua.

«Ma che scemo!» 

Mi strizza l'occhio.  «Posso fare di peggio.»

Si alza in piedi e mi prende in braccio. Osservo prima il mare e poi lui, realizzando solo in quel momento cos'ha in mente.

Mi aggrappo alle sue spalle. «Non ci provare!»

«Già fatto!»

Un attimo dopo siamo già in acqua, fra grida e risate. È più calda di quanto me l'aspettassi, ma forse è la sua pelle, le sue labbra bagnate, i suoi capelli fra le dita. Mi concedo quell'attimo fuori dal mondo, in cui non esiste nient'altro. Un barlume di felicità che sparirà alla prima luce del giorno, quando l'orrore che ha avvolto la mia vita tornerà a mostrarsi. Non ancora, però, non stanotte.


Editing: Priscilla Gullotta (Instagram @libriacuorleggero)


Non perdere il prossimo capitolo!

bottom of page