
SENZAMARCHIO
LA TRILOGIA COMPLETA
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Ora in Edizione Trilogia Completa,
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Eledriel è un'innata, in grado di attingere alla magia in modo istintivo. Il Marchio è stato creato per impedirglielo.
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Recensioni
Le opinioni delle lettrici e dei lettori

Capitolo 1
Eledriel sapeva che attraversare la Foresta d’Avorio poteva costarle la vita. Gli eburnei non perdonavano i traditori, tanto meno quelli che avevano contribuito alla Piaga. Ma i sigilli sullo Strappo stavano cedendo. Non c’era più tempo, né altre possibilità.
«Non volevo crederci che fossi tornata.»
Quando sentì quella voce alle proprie spalle, il cuore di Eledriel perse un battito. Proprio lui, fra tutti.
«Forse per questo ci hai messo più di quanto mi aspettassi, cacciatore.»
Lui avanzò fino a portarsi al suo fianco. Eledriel tenne lo sguardo fisso sugli alberi di madras, ma sentì la sua presenza come una lama contro la gola.
«Non sei la benvenuta qui, Eledriel.»
Lei spostò dietro l'orecchio una ciocca di capelli neri che le era scivolata sugli occhi. Color del mare in tempesta, le aveva lui detto una volta, guardandola come se fosse la cosa più bella del mondo. Ora la guardava come se fosse un'estranea. O peggio.
Eledriel prese un respiro e lo fronteggiò. «Lo so, ma sono felice di poterti rivedere, Iorn.»
Il verde delle sue iridi si incupì ancora di più.«Vorrei poter dire lo stesso»
Eledriel si concentrò sull'armatura argentea, sulle decorazioni dorate—generale, ora. I capelli chiari tagliati più corti sulle tempie. Qualunque cosa pur di non vedere il disprezzo nel suo sguardo.
«Non sarei venuta qui se avessi potuto evitarlo.»
«Hai sempre avuto un buon motivo per non riuscire a evitare qualcosa.»
Il colpo affondò dritto al petto. E lei glielo restituì con la stessa intensità.
«Non sai di cosa parli, capitano. O forse dovrei dire generale ora. Non tutto il male viene per nuocere, no?»
I tendini del suo collo scattarono, tesi come corde. «Adesso sei tu a non sapere di cosa parli, tal’hal.»
Strega. Aveva usato quel termine come un'arma, col tono del peggiore degli insulti. Ma era passato il tempo in cui quella parola avrebbe potuto ferirla.
«Ascoltami, devo solo conferire con la Domina Imperiale, poi me ne andrò.»
Lui accennò una risata amara e scosse la testa. «Puoi andartene subito allora. Alliria la Bianca è morta due anni fa.»
Lei schiuse le labbra. Strinse le mani lungo i fianchi. Alliria era l'unica che l'avrebbe ascoltata—l'unica che avrebbe messo da parte il rancore per il bene dell'Impero.
«Com’è possibile? Tutti credono che sia ancora lei al comando.»
Iorn annuì. «E così deve essere, almeno finché il consiglio non prenderà una decisione sulla successione.»
«Potrebbero volerci decenni. Non abbiamo tutto questo tempo.» Eledriel si morse il labbro fino a sentire dolore.
«Non ti serve tempo, qui non troverai niente. Dovresti andartene senza guardarti indietro.»
La sua ostinazione le fece ribollire il sangue.
«Io posso andarmene, ma voglio che tu sappia che, nel momento in cui lo farò, entrambi avremo perso la nostra occasione di rimediare al passato.» Lo fissò negli occhi. «E la cosa peggiore sarà che non ci sarà più alcun futuro per nessuno.»
Il cacciatore la studiò come se potesse leggerle nella mente. Come faceva un tempo, quando tutto sembrava davvero possibile.
«Giurami che non è un altro dei tuoi trucchi, Eledriel.»
Lei si protese verso di lui. «Te lo giuro, non sto mentendo. Essere qui fa male a me quanto a te, lo avrei evitato se ci fosse stata un’altra strada.»
La studiò per un lungo istante. «Sarà meglio per te che sia la verità. Sono stato chiaro?»
«Lo sei stato.»
Rimasero uno di fronte all’altra, come se una parte di ognuno stesse riprendendo qualcosa dal punto in cui era stata interrotta molto tempo prima. Poi il cacciatore fece un cenno verso la foresta.
«Vieni con me.»
Lei annuì. Aveva trattenuto il fiato senza nemmeno accorgersene. Iorn prese un sentiero che si addentrava nella foresta. I rami si piegavano al suo passaggio, come se la natura stessa gli facesse spazio.
«Sarà meglio che nessuno ti veda. Raggiungeremo Dareth attraverso la Roccaforte.»
«Credevo che la Roccaforte fosse stata distrutta dalla Piaga.»
«Ho dato ordine di ricostruirla. Il fatto che ne siamo usciti vittoriosi non giustifica un abbassamento della guardia.»
«Immagino che tu abbia ragione» si limitò a dire.
«Non sarà facile ottenere credibilità dal Consiglio Eburneo» riprese lui. «Dovresti considerare la possibilità di parlare con alcuni di loro prima di essere ricevuta in via ufficiale.»
Eledriel abbassò la testa, mentre lui scostava un ramo basso per farla passare.
«Apprezzo che tu abbia deciso di aiutarmi, generale.»
Iorn le lanciò un’occhiata obliqua. «Non saltare a conclusioni affrettate, ma su una cosa ti credo. Nemmeno tu avresti avuto il coraggio di tornare, se non ci fosse stato un vero motivo.»
«Ed è così» gli confermò, scavalcando una radice.
«Sarà meglio per te, perché stavolta non fermerò la mia mano, Eledriel.»
Pronunciò quelle parole con voce d’acciaio. Eledriel rabbrividì. Le ricordò il sibilo della sua spada un attimo prima che si abbattesse su di lei. L’aveva sfiorata, per poi conficcarsi nel terreno. Una scelta - quella di risparmiarla - che doveva avergli lacerato l'anima.
Questo contribuiva al senso di colpa che la braccava. Aveva rovinato tutto, ma stavolta non ci sarebbe stato Malark Morn a dirle che aveva il diritto di prendersi qualunque cosa senza chiedere scusa a nessuno. No, colui per cui aveva tradito Iorn, i suoi amici e un intero popolo, non c’era più.
La voce le uscì strozzata dalla sofferenza. «Lo so.»
Resistette al desiderio di confessargli la verità: che ogni notte si svegliava nelle tenebre dei suoi incubi desiderando che quel fendente le avesse trapassato il collo.
Iorn riprese ad avanzare. «Tylin e Thiel saranno disposti ad ascoltarti. Vedrò di organizzarmi un incontro privato con loro.»
Eledriel scelse le parole con cura. «Sono felice di sentire che stanno bene e che ora sono membri del Consiglio.»
«Se lo meritano, nonostante...»
Fu lei a completare la frase che lui aveva lasciato in sospeso. «Nonostante fossero miei amici.»
Eledriel sospirò. La tristezza la travolse, cancellando ogni parola che aveva preparato.
«Mi dispiace per quello che è successo, Iorn. Non c’è giorno in cui io non biasimi me stessa.»
Lui si voltò di scatto, come una fiera pronta a sbranarla. «Davvero? Allora giurami che, se potessi tornare indietro, lo uccideresti alla prima occasione.»
Eledriel schiuse le labbra, mentre il respiro le si faceva denso e bollente. Rivide il profilo di Malark, sfiorato dalla luna che brillava sul deserto sabbioso della Desolazione di Rack’ra. Era come se stesse guardando oltre, pur se immerso nel sonno più profondo.
Come sarebbe stato facile allora.
Una lama, e il sangue del Respinto avrebbe intriso il broccato rosso delle coperte. Quante vite sarebbero state risparmiate, quanta distruzione si sarebbe evitata. Eppure, ancora una volta, il bisogno di lui la travolse e l’istinto di barattare qualunque cosa pur di riaverlo indietro le prosciugò l’anima. Quando sollevò lo sguardo, il volto di Iorn le apparve sfocato dietro le proprie lacrime.
«Come pensavo» sibilò il cacciatore fra i denti. «D'ora in avanti risparmia a tutti questi inutili piagnistei. Fai quello che devi fare e poi torna nel buco da cui sei venuta.»
Quelle parole e il disprezzo con cui le aveva pronunciate la devastarono. Eledriel barcollò indietro, il respiro che le si spezzava in gola. Voleva crollare in ginocchio. Voleva supplicarlo. Voleva…
Il potere dentro di lei divampò.
Partì dal petto, una fiammata di calore che la bruciò dall'interno. Risalì lungo la gola, le braccia, fino alle dita. Le cicatrici sugli avambracci si illuminarono di un bagliore violaceo—le stesse linee di fuoco che un tempo aveva tentato di soffocare, che aveva maledetto, che aveva nascosto sotto le maniche.
Ma era troppo tardi. La magia esplose fra le sue dita e si propagò da lei in tutte le direzioni, travolgendo alberi, terra, aria. Le fronde degli alberi di madras si polverizzarono. I fiori di hartemis si incenerirono in una nuvola di cenere bianca. Il terreno sotto i suoi piedi si screpolò, inaridito come se qualcuno avesse risucchiato via ogni traccia di vita.
Iorn spalancò gli occhi. Eledriel vide qualcosa spezzarsi nel suo sguardo. L'ultima speranza che si fosse sbagliato su di lei. Portò un braccio davanti al volto, indietreggiando, la mano che scattava verso l'elsa della spada. L'armatura intrisa di Incanti lo avvolse in un bagliore azzurro—l'unica cosa che gli impedì di essere travolto.
L’innata strinse le mani, le dita che tremavano mentre imbrigliava il potere, spingendolo indietro, soffocandolo. La magia collassò all’improvviso. Il silenzio che seguì fu rotto solo dal crepitio dei rami divelti e della terra spaccata.
«Iorn, mi dispiace, io...» Le parole le morirono sulle labbra.
Gli occhi del cacciatore erano immersi nella devastazione che li circondava. Un cerchio perfetto di morte. Piante ridotte a polvere. Terra annerita. L'aria che odorava di cenere e magia bruciata.La sua armatura intrisa di Incanti lo aveva protetto ma, se ci fosse stato qualcun altro, non sarebbe tornato a casa quel giorno.
«La legge ha sempre avuto ragione» mormorò il cacciatore, con voce spezzata. «Non c'è posto per voi innati al mondo. Né qui, né altrove.»
La rabbia di Eledriel bruciò sotto le lacrime. «Non lo pensavi, una volta. Non lo pensavi quando hai proposto l’abolizione del Marchio.»
«E mi sbagliavo. Avresti dovuto accettarlo, tu e tutti quelli come te.» Lo sguardo di Iorn fiammeggiò. «Niente di tutto questo sarebbe successo.»
«Se solo aveste cercato di capire… Se solo….»
«Ti abbiamo dato una possibilità!» Per la prima volta, il suo tono di voce si alzò, ma solo per un attimo. «E tu l’hai sprecata. Hai distrutto ogni cosa, Eledriel. Il tuo popolo e… noi.»
«Non dirlo» lo implorò Eledriel. «Non dirlo, ti prego.»
Iorn scosse la testa e appoggiò una mano sul terreno inaridito. Un rivolo di sangue gli scorse lungo il pollice, ma non se ne curò. Pronunciò una Parola Sacra e, quando sollevò le dita, scoprì una macchia di muschio verde appena germogliato. Rimase a guardarlo e poi lo sfiorò, mentre intorno alla piccola pianta il terreno riprendeva poco a poco il suo colore bruno.
«Non basterà, ma i Curaterra verranno a resuscitare questo luogo.» Si rialzò senza nascondere lo sforzo che gli costò quel gesto.
Eledriel si passò il dorso della mano sul naso umido.
«Non mi serviranno che poche ore, poi me ne andrò.»
«Sarà meglio muoverci, allora» rispose lui, gelido. «Alloggerai alla Riserva. Sarà più sicuro per tutti.»