
Pro e Contro dell'AI nel mondo editoriale: una rivoluzione annunciata.
- Francesca Petroni
- 29 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Nessuna innovazione vera è mai passata sotto silenzio e non succederà nemmeno questa volta.
Anzi, più la rivoluzione è reale, inevitabile e duratura, più genererà panico e catastrofismo.
Partiamo con le certezze:
Le intelligenze artificiali stanno trasformando ogni ambito creativo, e il mondo della scrittura non fa eccezione. Ma anziché rifiutare tout-court questa evoluzione, proviamo a porci una domanda più radicale: cosa distingue davvero uno scrittore umano da una macchina?
L'illusione della tecnica
Per secoli abbiamo confuso la "bravura" con la tecnica: saper scrivere bene, costruire frasi armoniche, evitare ripetizioni, seguire le regole dello stile. Ma oggi queste competenze sono replicabili da qualsiasi modello linguistico avanzato. L'AI sa già scrivere meglio di molti aspiranti autori in termini formali. E allora?
La vera differenza
Ciò che l'AI non può fare è creare visione. Non può "sentire" o "emozionarsi" davvero.
Non può scegliere perché raccontare una storia. Non conosce l'esperienza umana, la fragilità, il conflitto morale, la tensione emotiva che nasce da una vita vissuta.
Un personaggio indimenticabile non nasce da un prompt. Nasce da uno sguardo sul mondo, da una intuizione universale, da un desiderio profondo. La macchina può imitarlo, ma non capirlo. Può costruire trame plausibili, ma mai davvero coerenti con il messaggio intrinseco.
L'AI non può essere rimossa dai processi moderni, nemmeno quelli creativi
Nel mondo della grafica, è già accaduto: le AI hanno superato chi sapeva semplicemente "disegnare bene". Ma nessuna AI sarà mai Picasso. Perché Picasso ha rivoluzionato il modo stesso di vedere. Così nella scrittura: l'AI sarà meglio di chi padroneggia solo la forma, ma mai di chi usa la narrazione come espressione, rottura, dichiarazione esistenziale.
Credete che un'AI potrebbe scrivere "La passione secondo G.H." di Clarice Lispector?
Ma quando mai!
O che sarà in grado di scrivere anche solo uno dei libri di Nietzsche?
Se lo pensate, non li avete mai letti.
Un nuovo paradigma: autori + AI
E qui arriva la mia opinione. Anche se ora sembra esserci una guerra in atto, il futuro non sarà uno scontro. Sarà un'alleanza per chi saprà usarla con consapevolezza. L'AI è uno strumento: utile per refusi, traduzioni, revisioni stilistiche. Ma la scintilla narrativa, l'intenzione profonda, la voce, restetanno sempre una prerigativa umana.
Il risultato finale è comunque umano se l'AI viene usata per quello che è: uno strumento, non una panacea che trasformerà chiunque in un artista.
Certo, ci costringerà ad abbandonare la banalità (perché l'AI sarà molto più brava a essere banale), ma questo è anche quello che vogliamo.
Esplorare confini, idee che vanno oltre quello che la tecnologia sa fare meglio di noi. Era ora.
La tua visione è la scintilla. L'AI è la forgia. Ma senza scintilla, nessuna forgia crea la spada.
Chi saprà guidare questa alleanza emergerà con più forza. Perché l'AI non ci toglie l'identità: ci costringe a chiarirla. È un supporto a scelte che resteranno sempre dell'artista che sia un autore o un grafico.
LLM, agenti e editor: il nuovo nodo dell'etica editoriale
Nel mondo editoriale, l’arrivo delle LLM (Large Language Models) non ha cambiato solo la scrittura. Sta trasformando anche il modo in cui i manoscritti vengono letti, valutati, perfino scartati.
Alcuni agenti e case editrici hanno cominciato a usare strumenti basati su AI (come Inkbloom o sistemi interni) per analizzare i testi ricevuti, spesso senza trasparenza né consenso da parte degli autori. La polemica è viva, soprattutto quando i mod di community come Reddit PubTips etichettano agenzie “Do Not Query” proprio per questo.
Ma la questione è complessa.
Non è solo una questione di etica: è di fiducia.
Perché chi affida un manoscritto a un agente lo fa nella speranza che venga letto con attenzione, intuito, cuore umano. Se invece viene passato frettolosamente a un software, o valutato solo su “trend”, punteggi, hook da algoritmo, che ne è della visione dell’autore? Della voce? Della particolarità che sfugge al calcolo?
Allo stesso tempo, però, non possiamo ignorare la lentezza, l’opacità e l’inefficienza di certi meccanismi editoriali. Attese infinite. Ghosting. Nessun feedback. In un sistema così, è ovvio che qualcuno cerchi scorciatoie o supporti tecnici.
Il vero rischio?
Che le AI finiscano per diventare una barriera tra il libro e chi dovrebbe davvero ascoltarlo. Non perché siano “il male”, ma perché vengono usate male: come filtri automatizzati, non come supporto all’analisi critica. E questo vale sia per chi le usa per scremare, sia per chi ne delega interamente il giudizio.
Ancora una volta torniamo al tema dello strumento: dioende da come viene usato.
E allora?
L’unica strada sana è la trasparenza. Se un agente o un editor usa strumenti AI, dovrebbe dirlo apertamente e spiegare come li utilizza.
Tutto qui.
In conclusione
Scrivere non è solo raccontare storie. È scegliere cosa mostrare. Quali domande porre. Quali convenzioni sfidare. L'intelligenza artificiale ci assiste, ma non ci sostituisce. E chi ha una voce vera, oggi, ha un'opportunità: non solo continuare a raccontare, ma farlo meglio, più lucidamente, più profondamente.
In un mondo affollato di contenuti generici, è proprio questo che farà la differenza.
Comentarios